martedì 7 febbraio 2012

Cattive madri?

Una mia amica, brava mamma di 2 bestioline di 3 e 5 anni, stamattina mi scrive: "sono una pessima madre". Non è la prima volta che glielo sento dire, e conoscendola so di potere escludere la falsa modestia. Insomma probabilmente sa che non è vero, ma c'è una parte di lei che tende a ingigantire gli inevitabili errori e la porta all'autoflagellazione. Io non ho avuto molto tempo per analizzarmi in questo nuovo ruolo, ma ammetto che sentirmi sbottare "basta, hai scocciato, ora tu DEVI dormire!!!" di fronte a una bimba di neanche 5 mesi non mi rende propriamente orgogliosa... E quando qualcuno mi dice "sei una brava mamma" scoppio di felicità e incredulità, come se non potessi davvero crederci e avessi sempre bisogno di una conferma esterna. Siamo donne adulte ormai, abbiamo affrontato diverse battaglie nel privato e nel lavoro, e allora perché ci sentiamo così fragili quando si tratta di giudicare obiettivamente il nostro essere madre? Perché siamo così dure con noi stesse? Le nostre madri e le nostre nonne sembravano svolgere i loro compiti con più naturalezza, forse agivano senza porsi troppe domande. Io non posso fare a meno del mio approccio critico-analitico, anche se negli ultimi anni l'ho smussato parecchio perché non intaccasse quella sacca di autostima di base che deve rimanere sempre là come una riserva di nutrimento, credo comunque che un po' più di leggerezza e auto-indulgenza non guasterebbero. 

1 commento:

  1. Cara Mammaliena, personalmente fin'ora ho visto che ogni volta che si cerca di aderire il più possibile ad un ideale di sè stessi, immancabilmente si finisce per sentirsi inadeguati e soprattutto si perde in qualche modo la spontaneità dell'esperienza in corso. Ti scopri come madre nella misura in cui puoi sperimentare anche l'autenticità...dell'errore. Che poi se sia errore o meno chi può davvero giudicarlo? Secondo quali parametri? Ogni mamma, a mio parere, dovrebbe affidarsi al suo faro interiore...senza farsi eccessivamente condizionare dalle teorie di riferimento a cui ognuna di noi in qualche misura si rifà. L'equilibrio tra il proprio "ideale" e la vulnerabilità-imperfezione dell'esperienza è difficile da trovare. Però nell'ideale non c'è verità...è un'icona. A me sembra che i bambini riescano a cogliere meglio di quanto pensiamo la valenza di un gesto o di una parola "fuori posto", se il gesto o la parola fuori posto s'inseriscono all'interno di un rapporto dove domina l'amore, l'attenzione, il rispetto. Credo che loro non ci vogliano perfetti...vogliono solo sentirsi amati. Io sono sicura che Leo si sente amato anche quando a volte gli dico, scherzando e non, che è la mia zecca:)

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